Vi ricordate della ragazzina orfana dalle trecce rosse, protagonista di un famoso anime giapponese?
Ecco, proprio lei è tornata con una serie tv, su Netflix e CBC Television: Chiamatemi Anna.
La storia, ispirata al romanzo di Lucy Maud Montgomery, riproduce quasi fedelmente quella del cartone anni ’80, con la differenza che l’atmosfera è più melodrammatica del previsto.
La trama
Ambientata nell’isola di Prince Edward alla fine dell’Ottocento, la serie, che ha avuto inizio il 12 maggio, parla delle disavventure di Anna Shirley (Amybeth McNulty), un’orfanella, che dopo aver vissuto la propria infanzia tra istituti e case di estranei, viene affidata per sbaglio a una coppia di anziani fratelli.
La ragazzina, animata da un’indole acuta e da una fervida immaginazione, cambierà, senza saperlo, le vite di Marilla (Geraldine James) e Matthew (R.H. Thomson) Cuthbert e, perché no, anche del paesino in cui vivono.
Tra tenacia e debolezza
Chiamatemi Anna è un vero e proprio inno ai sentimenti e al femminismo.
Condanna, peraltro, pregiudizi e bullismo (di cui spesso sarà vittima la protagonista), trasponendo in un’epoca lontana temi che attanagliano anche la società odierna. Cancri espugnabili se solo tutti fossero più disposti a combatterli.
Il passato che riproduce il presente. A testimonianza di come nulla sia cambiato. Forse le modalità, questo è vero. Ma le intenzioni e le problematiche restano uguali.
Ai tempi di Anna dai capelli rossi come oggi. L’unica differenza è che rispetto al cartone, la serie si rivolge a un target diverso.
Non più bambini, ma adolescenti tra i 13 e i 14 anni, che avranno, però, difficoltà a immedesimarsi col personaggio protagonista.
Nonostante questo, la ricostruzione di ambienti e costumi, e le panoramiche su paesaggi mozzafiato, arricchiscono il plot, rendendolo più avvincente.
Cinquanta sfumature di… Anna
Sono tante le trasposizioni del libro della Montgomery.
Esistono due adattamenti cinematografici: uno del 1919, Fata di bambole, diretto da William Desmond Taylor; un altro del 1934, La figlia di nessuno, con la regia di George Nichols Jr..
Inoltre, dopo il cartone di Isao Takahata del 1985, l’autrice di Candy e Georgie, Yumiko Igarashi, ha pubblicato un manga sulla storia di Anna.
Nel 1998 sono usciti i primi tre tankobon sull’infanzia della ragazzina e sul primo romanzo, editi da Panini Comics.
A seguire, altri tre volumi esclusivi, relativi all’arco narrativo rimanente.
Ora la serie tv su Netflix, l’ennesima interpretazione di un racconto “esemplare”, per grandi e piccini, che mette in risalto sfaccettature di Anna forse ignorate nelle versioni precedenti.
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