Solitamente le critiche, anche se eccessive, sono il preludio a un grande film.
E Okja, al festival di Cannes, di sassate ne ha prese un bel po’.
Il lungometraggio, scritto e diretto da Bong Joon-ho (stesso regista di Snowpiercer), è stato presentato in Francia il 19 maggio.
Mai prima d’ora era successo che un prodotto Netflix (distribuito dal 28 giugno) venisse proiettato agli occhi dei grandi del cinema mondiale.
Il disappunto del presidente di giuria, Pedro Almodovar, era prevedibile. Il suo intento, ribadito più volte, è, infatti, quello di non premiare nessun film che non sia destinato al grande schermo.
Tutto questo, però, ha gettato delle ombre su Okja. Tanto che, quando in proiezione stampa il film è partito nel formato sbagliato, si è subito gridato al complotto.
La trama
Mija (An Seo Hyun) è una bambina che vive in una casa tra le montagne della Corea del Sud.
Per dieci anni si è presa cura di Okja, un enorme animale a metà tra un maiale e un ippopotamo, frutto di un esperimento genetico.
L’amicizia tra i due è solida, e intrisa di fiducia. Così, quando Okja viene portato a New York dalla Miranda Corporation perché il CEO, la signorina Lucy (Tilda Swinton), intende farne degli hamburger, Mija dà vita a un’operazione di salvataggio, non priva di ostacoli.
Un inno alla natura
Capitalismo e sfruttamento di risorse naturali sono i temi principali del film.
In un mondo in cui ormai siamo tutti consumatori – di cibo, di tecnologie, di abiti, e solo raramente di valori – dimentichiamo spesso di chi ci sta al fianco con spirito nobile, puro, e affetto incondizionato: gli animali.
In gran parte dei casi, ostentano comportamenti che spetterebbero agli uomini, e Okja ne è un esempio.
Lealtà, presenza, semplicità: sono solo alcune delle qualità che i nostri amici pelosi e non, vantano.
Non manca, però, chi li si sfrutta, a favore di interessi meschini.
Il film di Bong Joon-ho è, pertanto, una condanna rivolta agli allevamenti intensivi.
E il gruppo di attivisti, che Mija si ritroverà davanti nel suo incessante peregrinare, rappresentano il dolce e l’amaro di una società dove anche i buoni hanno qualcosa di cattivo, pur rimanendo, in fin dei conti, sempre buoni.
La lotta tra Mija e il Capitale diventa, quindi, uno scontro-incontro giustificato da sterili compromessi, dove a vincere rischia di essere il male, a meno che non si ricorra ad armi più appropriate, o ci si abbassi a livelli infimi.
Il regista sudcoreano, perciò, evidenzia il rapporto tra l’uomo e la natura, promuovendone, senza peli sulla lingua, il rispetto.
Forse gli argomenti saranno fin troppo palesi, e lo svolgimento della trama scontato.
Ma le apparenti lacune sono pronte ad essere colmate dagli stati d’animo e dalle riflessioni che Okja susciterà tra il pubblico. E queste, di certo, non avranno nulla di banale.
In attesa dell’uscita del film su Netflix il 28 giugno, continuate a seguirci su Cinemondium.com.
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