Un sacchetto di biglie è un film che sa emozionare e far riflettere. È facile intuirlo già dal trailer, da quei pochi frammenti mostrati in anteprima al grande pubblico, dal candore nel viso dei protagonisti. film olocausto 2018 film olocausto 2018
Perché un conto è leggere la guerra sui libri, immaginare quella grande tragedia che è stata l’Olocausto, un altro è viverlo attraverso la storia di due giovani ragazzi.
La questione assume uno spessore ancora maggiore se si pensa che le vicende raccontate sullo schermo sono quelle di Joseph Joffo, scrittore francese.
Trama
Il film inizia con un dettaglio di un’auto d’epoca, e spazia poi su una strada deserta. Le bandiere francesi non sventolano ancora, anche se la guerra è finita.
Di festeggiare nessuno ha la forza, né la voglia. Il ricordo dell’Olocausto è ancora troppo bruciante, fa ancora troppo male per credere che il conflitto sia finito davvero.
A raccontare la tragedia vissuta dagli ebrei arriva un flashback, che punta le luci su una tranquilla famiglia ebrea. Gli Joffo sono barbieri per tradizione, fino all’arrivo dei nazisti.
La stella a sei punte li rende degli esclusi e delle vittime, dei reietti braccati dalla polizia di Hitler. I due fratelli più piccoli riescono a scappare, accompagnati solo da un’unica speranza: quella di poter riabbracciare i propri genitori.
La tragedia di un’infanzia rubata
Un sacchetto di biglie è tratto dall’autobiografia di Joseph Joffo, pubblicata nel 1973. La prima versione per il cinema risale al 1975, a opere di Jacques Doillon.
Oggi Christian Duguay torna a gridare a gran voce quanto sangue sia stato sparso dall’Olocausto. Quante vite rubate, quante anime innocenti uccise per colpa di un piano malato.
Mentre i protagonisti si spostano per la Francia, riecheggia il sentimento di solidarietà che unisce i vinti, terrorizzati all’idea di perdere tutto ciò che gli è più caro.
I momenti di commozione appaiono esasperati, gli ambienti assumono le sembianze di una cartolina.
Il film appare, nel complesso, prevedibile. Ma tocca straordinariamente il cuore, e invita alla riflessione e al ricordo.
La fotografia è di Christophe Graillot, il montaggio di Oliver Gajan. La sceneggiatura, come accennato sopra, è di Benoît Guichard e Christian Duguay; le musiche di Armand Amar.
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