È bastato rivedere Non essere cattivo su Rai Movie per esclamare “Ma lui è quello che ha fatto De André!“.
Perché davanti al volto di Luca Marinelli, ormai, non si può dire altrimenti. Luca Marinelli De Andrè
Lo abbiamo conosciuto meglio circa un mese fa, grazie a Faber, al Principe Libero, e a quel lungometraggio che prima è approdato al cinema, poi in tv, raccontando la vita del celebre cantautore. Ma in realtà, l’attore romano è anche molto altro.
Il percorso Luca Marinelli De Andrè
Classe ’84, Luca Marinelli si approccia alla recitazione nel 2003, frequentando un corso di sceneggiatura e recitazione con Guillermo Glanc.
Nel 2006 entra all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico dove consegue il diploma accademico appena tre anni dopo.
L’esordio vero e proprio come attore, però, risale al 2010, grazie al ruolo di Mattia, protagonista de La solitudine dei numeri primi, con Alba Rohrwacher.
A seguire, Tutti i santi giorni, per cui riceve una candidatura al Globo d’oro, al Nastro d’Argento e al David di Donatello come Miglior attore protagonista. Non vince.
Il riscatto arriva, però, nel 2015, con Lo chiamavano Jeeg Robot, di Gabriele Mainetti, dove interpreta Lo Zingaro, che vale, stavolta come Miglior attore non protagonista, David, Nastro d’Argento, e un Ciak d’oro.
Per non parlare del Premio Pasinetti alla 75.ma Mostra del Cinema di Venezia, grazie a Non essere cattivo.
Attore impegnato
Si ritorna così al punto di partenza. Al film di Claudio Caligari. Al volto stralunato, da perdente, drogato e disperato, di Cesare, il protagonista, di cui Luca Marinelli veste magistralmente i panni.
Tutti ruoli importanti i suoi, pesanti, carichi di responsabilità ed espressività che solo un attore con talento e coraggio da vendere, versatile come non mai, è in grado di impersonare.
Lui, che rende più umani i personaggi di un copione. Lui che ci fa amare anche i “cattivi”, infondendo in loro una patina di simpatia e comicità. Lui ce l’ha fatta. E a dimostrarlo ci pensa l’ultima pellicola dedicata a De André.
“È come se Fabrizio fosse da sempre dentro di lui – ha ammesso Dori Ghezzi, l’ultima compagna del cantautore genovese – Non ha avuto bisogno di ‘farsi’ una maschera, di adottare artifici, non ha dovuto essere diverso. E secondo me faticherà a scrollarsi di dosso questo ruolo, che è forse il più vicino a lui tra tutti quelli che ha interpretato. Ma ci si è calato con grande paura“.
Timore giustificabile per un artista che dietro la maschera dello sfacciato, nasconde un briciolo d’ansia e timidezza.
“Paradossale, vista la naturalezza con cui ‘diventava’ Fabrizio a ogni ciak: era sempre buona la prima. Ho passato molto tempo sul set, ma sapevo fin dall’inizio che Luca Marinelli aveva imparato ad amare Fabrizio De André da sua nonna. E una cosa mi piace ricordare: avevo deciso che l’attore giusto sarebbe stato quello che avrebbe detto ‘non sono in grado di farlo’. Guarda caso, è stata la prima risposta di Luca“.
Un successo graduale, che consacra il merito, il carattere, le qualità artistiche e professionali. Non solo il bel faccino e quei due occhioni azzurri.
Quella di Luca Marinelli si prospetta così la rivincita di un attore che ha ricevuto diverse porte in faccia, che ha detto ‘no’ importanti, ma che ha saputo far della necessità espressiva, la più grande delle sue virtù.
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