Martyrs: orrore, sadismo e fede in Diomartyrs recensione film

1971. Lucie, una ragazzina scomparsa da. oltre un anno e rimasta segregata in un mattatoio abbandonato, viene ritrovata in stato confusionale mentre vaga lungo la strada. Lucie è riuscita a fuggire. dalla sua prigionia, ma si è rinchiusa in se stessa e non intende raccontare a nessuno ciò che le è accaduto durante quel lungo periodo di sofferenza…nessuno a parte Anna, una sua coetanea che diventa presto la sua migliore amica all’interno dell’ospedale in cui viene ricoverata.martyrs recensione film

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Quindici anni dopo Lucie è ancora sconvolta da quell’accaduto che le ha cambiato per sempre la vita, ma un giorno riconosce in una fotografia su un quotidiano locale i volti dei suoi carcerieri e, insieme alla fedele Anna, si reca a casa loro imbracciando un fucile da caccia.

Chi sono i martiri? Martire è colui. che secondo la. religione cristiana sacrifica se stesso e la propria vita, facendosi testimone di un messaggio di fede anche di fronte ai supplizi più atroci. Il martirio, dunque, per accezione del termine stesso, è un veicolo attraverso il quale si vuole trasmettere un messaggio che abbia un’importanza tale da trascendere la stessa condizione di essere vivente. Due sono dunque gli elementi che stanno alla base del martirio: la fede e il supplizio; gli stessi elementi che Pascal Lauger, regista e sceneggiatore di Martyrs, pone al centro della sua cruda riflessione sull’etica religiosa e sull’estetica della violenza.

Lauger, già autore della suggestiva ma non pienamente. riuscita ghost story Saint Ange, fa parte di quella schiera di talentuosi registi d’oltralpe che hanno riscritto la storia del cinema horror francese: da quando, infatti, nel 2003 Alexandre Aja ha diretto Alta tensione, il cinema francese di paura non sembra più avere limiti al mostrabile e al raccontabile.

 

“L’estremo francese” non ha limiti

Già nei primi mesi del nuovo millennio i francesi. avevano dimostrato di essere ben predisposti all’“estremo” con due parentesi. d’autore che hanno fatto molto discutere e hanno sdoganato la violenza. e il sesso anche nel circuito d’essai, i due film in questione erano Boise-moi e Irreversible.

Il giovanissimo Aja, poi, si è divertito a creare un thriller-splatter che indirizzasse su un tipo di cinema più. commerciale. quel genere di efferatezze, puntando naturalmente su un divertente e divertito festival dell’effetto speciale, fatto di spruzzi di sangue e arti mozzati. La strada era comunque stata spianata e da allora sono giunti À l’intérieurFrontières e poi Martyrs, tutti. prodotti incentrati. sulla spettacolarizzazione estrema della violenza e della sofferenza, caratteristica ben commerciabile. soprattutto grazie al grande successo che ha avuto il sottofilone dei cosiddetti “torture porn”.

Martyrs però può essere considerato. un po’ il punto di non ritorno. di tutto ciò. Laugier non si limita all’effetto speciale, non mette in scena una sagra del sado-splatter, bensì va oltre e riesce a trasfigurare la vera e propria sofferenza. su pellicola. Viene da pensare, infatti, che oltre Martyrs non possa. esserci nulla in materia “torture porn”, poiché con questo film si è raggiunto il massimo grado di sublimazione del filone, sia in quanto a violenza esibita-patita, sia in campo espressivo-concettuale.

martyrs recensione filmNobiltà d’animo e profumo di morte

Martyrs è un film che. agisce direttamente e contemporaneamente sullo stomaco e sul cervello, punta allo shock visivo ma pone anche alcuni interessanti punti di riflessione: lo spettatore viene accompagnato per mano e reso “testimone” (e dunque “martire”) di un vortice di follia e violenza fisica e psicologica, sempre più atroce, sempre più esplicita, ma allo stesso tempo gli viene donato un singolare approccio analitico. al fanatismo religioso. Martyrs esplora l’universo della massoneria clericale, della sofferenza indotta per “nobili fini”, ma lo fa sottolineando l’immoralità, la deriva egoistica e il piglio “capriccioso”, risultando efficacemente critico.

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Allo stesso modo viene ribaltata la normalità quotidiana borghese, qui rappresentata da una coppia di aguzzini che quando non operano sulle proprie vittime sono genitori amorevoli e lavoratori rispettabili. L’orrore della classe media, la mostruosità nella normalità, vista dalla prospettiva di chi ha sofferto ed è rimasto psicologicamente provato.

 

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