Il genere fantascientifico è ormai inflazionato, nel mondo cinematografico. Dopo l’incredibile successo di 2001 – Odissea nello Spazio (che rimane ancora oggi il miglior film di fantascienza mai realizzato), un po’ tutti hanno tentato di portare in sala la propria “odissea spaziale“. Ad Astra spiegazione
Da Sunshine a Interstellar, da Gravity a Moon, il mondo della fantascienza al cinema sembra aver ormai detto e dato tutto. Eppure, James Gray ha deciso di dire anche la sua, aiutato da un rinato Brad Pitt.
Saranno riusciti i due a regalare una pellicola fantascientifica memorabile? Scopriamolo insieme.
Spazio, ultima frontiera Ad Astra spiegazione
Partiamo con il dire che Ad Astra non aggiunge nulla al genere, tutt’altro. Prende un po’ da Solaris (il remake americano), un po’ da Interstellar (nella messa in scena), un po’ da Gravity (il viaggio spaziale come mezzo per ritrovare sé stessi). Eppure, nel proporre questo mix al pubblico, il risultato finale è incredibilmente ottimo.
Ad Astra porta Brad Pitt, e il pubblico, tra le stelle, facendoci porre una domanda: è importante sapere se siamo soli nell’universo? Le vicende personali del maggiore Roy McBride, il personaggio di Pitt, ci portano mano a mano a dare una riposta a questa domanda.
Roy è un uomo solo, abbandonato dal padre (un astronauta partito per una missione spaziale e mai più tornato, interpretato da un burbero Tommy Lee Jones) e che ha fatto terra bruciata attorno a sé.
Mentre il sistema solare è colpito da un’anomalia che potrebbe distruggere la vita sulla Terra (e non solo), Roy deve viaggiare per l’universo alla ricerca del proprio padre, primo indiziato per la catastrofe che ha colpito il pianeta.
Il viaggio tra le stelle di Roy è a conti fatti un viaggio nella mente del protagonista, e mentre porta avanti la propria missione ritrova poco a poco sé stesso. L’universo è immenso, ma vuoto e apparentemente privo di vita, e forse ciò che è davvero importante non si trova oltre quei puntini luminosi che ricoprono il manto celeste, ma vicino a noi.
Un viaggio per ritrovarsi
Ad Astra, senza pretendere di essere il miglior film di fantascienza mai fatto, emoziona e fa riflettere, soprattutto grazie alla formidabile interpretazione di Brad Pitt, il quale all’età di 55 anni sta vivendo una seconda giovinezza artistica.
James Gray, che si cimenta per la prima volta in un film ad alto budget, pare trovarsi perfettamente a proprio agio dietro la macchina da presa, regalando allo spettatore scene pulite e sempre chiare. Lo spazio immaginato da Gray è bellissimo ma soprattutto credibile, nella messa in scena, e da questo punto di vista non si può che lodare il lavoro fatto dal regista, anche se di certo hanno di certo aiutato gli ottimi effetti visivi.
In generale, il comparto tecnico risulta ottimo, e da questo punto di vista solo la colonna sonora non riesce ad incidere, non riuscendo mai a lasciare il segno durante lo scorrere degli eventi narrati nel film.
Per il resto c’è poco altro da dire, oltre al fatto che comunque non stiamo parlando di una pellicola perfetta. Alcune forzature narrative ed esagerazioni tipiche del cinema hollywoodiano spezzano leggermente la magia, e certe tematiche (l’uomo visto come divoratore di mondi) purtroppo non sono per nulla approfondite. Ma a parte ciò, Ad Astra rimane una bellissima esperienza visiva da vivere.
L’universo di James Gray è freddo e vuoto, come la vita del protagonista. E forse, senza essercene accorti, anche noi siamo un po’ soli, e dobbiamo ritrovare noi stessi. Attraverso le stelle, verso l’infinito e oltre.
E voi cosa ne pensate? Avete apprezzato Ad Astra? Lo avete trovare all’altezza di altri film del genere fantascientifico? Oppure lo ritenete sopravvalutato? Fateci sapere la vostra con un commento qua sotto e continuate a seguirci su Cinemondium! Ad Astra spiegazione